Recupero flotta navigante

Le salvi chi può!

Si sono spese molte parole per traghettare lo yacht nel terzo millennio, progetti, innovazioni, idee, ancora oggi sono chiuse nei cassetti dei Cantieri, il perché, quello più ovvio è il persistere della crisi, ma ad una visione più attenta, sembra che la risposta voglia opportunamente celare, il disagio di alcuni ed il terrore di altri, per adattare le nuove tecnologie al mercato.

Probabilmente lo stimolo dato dalla “nuova tecnologia” nel diporto potrebbe attrarre gli Armatori, quindi iniziando una lenta ma progressiva risalita nelle vendite!

Però, come in tutte le favole, c’è la realtà che soffoca queste occasioni; ricordiamo che gli stessi Cantieri, pur di vendere e vendere, agivano solo sul vantaggio economico, quindi, ironia della sorte, l’usato che oggi non và, verrà definitivamente affossato dal subentro delle nuove tecnologie o per dirla meglio, ucciso dalle nuove idee … ecco il problema!

La cosà più sconcertante e che nessuno sà o interessa affrontare; per il momento il problema, vuoi per convenienze aziendali, aiuto governativo (cassa integrazione) od altre ragioni, per tale discussione non pesa così tanto da attribuirle un buon significato negl’interessi produttivi, però, così facendo non si costruisce il futuro.

La scossa alla nautica, non deve arrivare da un deus ex machina ma dalla nautica stessa.

Perché non applicare le soluzioni del futuro alla cantieristica del passato?

Se le idee nuove sono troppo costose o non ancora convenienti per la produzione, allora inseriamole in quella attuale, così da renderle anche meno incisive agli occhi dell’Armatore.

Quale impatto avrebbe sul cliente se gli offrissimo meno potenza in cambio del minor consumo? O minor presenza di materiali pregiati, in cambio di quelli riciclabili e meno costosi da riparare?

La risposta è: al cliente va bene comunque!

Ma soprattutto il suo bene manterrà una svalutazione commerciale, nel tempo, meno acuta rispetta a tutte le tradizionali imbarcazioni in circolazione.

Addirittura, per rivalutare l’attuale parco navigante, si può far business per il  suo aggiornamento, cosa molto possibile ai Cantieri stessi, cioè, in sede di rimessaggio invernale operare, gradatamente, delle migliorie volte a sostituire parti con altre ecocompatibili, donando così nuova vita e soprattutto nuovo futuro all’imbarcazione.

Sicuramente ci sono pro e contro, per quest’ultima soluzione, ma potrebbe essere utile se s’intende riaprire le linee di produzione delle proprie fabbriche!

Utilizzare motori ibridi, utilizzare vetroresina con fibre naturali, eliminare gli scarichi a mare delle barche, utilizzare materiali di consumo ecocompatibili, ecc; tutto questo già esiste, perché non utilizzarlo anche?

La preoccupazione dei Cantieri è: chi si comprerà le mie barche? Quella degli Armatori è: chi si comprerà la mia barca? 

E’ solo una questione a trovare punti di contatto; attualmente non esistono. 

Se si volesse riaprire la fabbrica, converrebbe pensare alle vere esigenze degli Armatori, distinguendole bene da quelle del mercato.

Spunti di riflessione:

  1. Dopo tutto      questo discorso:
  • La durevolezza delle nuove tecnologie è almeno pari alle vecchie?
  • Il risultato, per la loro applicazione, porterà benefici sin dal primo momento?
  • Una barca “aggiornata”, esattamente che trend commerciale potrà garantire?
  1. C’è il      rischio che accogliere nuove tecnologie, rappresenti solo un nuovo status      symbol?
  2. Quanto      tempo occorrerà ancora, per arrivare ad un nuovo concetto di diporto?
  3. Si      riuscirà a “bonificare” tutto il naviglio presente?

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